Cultura

Il j’accuse di Joseph Stiglitz. Quanti finti liberisti!

"Le grandi istituzioni finanziarie hanno un grave deficit di democrazie. Così tutti sono liberali a parole" (di Daniela Binello).

di Redazione

Con i suoi occhietti aguzzi, Joseph Stiglitz fa subito capire di essere uno che non le manda a dire. In questi mesi non ha risparmiato le sue critiche devastanti al Fmi. Ma non ha nessun problema a dichiarare la sua idea per nulla anti globalizzazione: “La globalizzazione può ancora essere una forza sfruttabile potenzialmente, ma va riformata riconciliandola col mercato. Non mi illudo, però, che un processo di riforma delle istituzioni economico-finanziare possa mettere fine a tutti i suoi difetti”. Vita: Professore, ma a cosa serve possedere un potenziale di forza se non è in grado di risolvere i problemi mondiali della povertà e della disuguaglianza, della pace? Joseph Stiglitz: Un nuovo ordine mondiale non può esistere senza la nascita d?istituzioni sovranazionali, europee e mondiali, e fra queste, oltre a quelle finanziarie, includo anche le organizzazioni politiche, partitiche, sindacali e d?impresa, cioè tutto quel complesso d?associazioni in grado di rappresentare adeguatamente la collettività. Ma il problema di fondo resta sempre e solo uno: la democrazia. La democrazia che deve ispirare la riforma di tutte le istituzioni dev?essere indiscutibile. Posso apparire ?pessimista?, ma francamente non vedo da nessuna parte i segni concreti di questa volontà. G7, G8, sono riunioni legittime, perché avvengono fra persone elette nei loro Stati, ma non si può continuare a fingere di volere prendere le parti dei più poveri, mentre i fatti dimostrano esattamente il contrario. Le nazioni in via di sviluppo sono come barchette e l?Fmi le ha traghettate in un mare in tempesta, senza giubbotti di salvataggio. Vita: Vuol dire che Fmi, Wto e Banca mondiale non sanno cosa sia la democrazia? Stiglitz: Di solito l?Fmi e la Banca mondiale discutono solamente con il ministro delle Finanze e con pochissimi altri esponenti di quel dato governo, ma l?accordo che viene negoziato ha conseguenze su tutta la popolazione. Le decisioni sono adottate senza consultare nessun altro. Troppo spesso ai Paesi sono imposte scelte obbligate. Troppo spesso le prescrizioni della Banca mondiale, del Wto o dell?Fmi si sono rivelate sbagliate, aumentando l?instabilità e la povertà. Io credo invece che le migliori soluzioni vengano trovate quando esiste una concorrenza d?idee. Nel campo della globalizzazione neoliberista, invece, c?è solo il monopolio dell?Fmi e di quello che viene chiamato Washington Consensus ( il ?circolo vip? del pensiero unico sulla globalizzazione, ndr). è tipico di ogni fautore del libero mercato lodare i benefici della concorrenza in ogni settore, tranne in quello in cui ha interessi. Così richiede sussidi e protezioni nei settori dove opera. Vita: Lei accenna spesso a una ?mano invisibile? che guiderebbe la governance mondiale. Uscendo di metafora, cosa significa? Stiglitz: Dietro l?ideologia neoliberista c?è un modello secondo cui una ?mano invisibile? guiderebbe l?economia e il mercato sulla strada dell?efficienza. Una delle conquiste più importanti dell?economia moderna è stata proprio quella di dimostrare in quali condizioni ciò si verifica. Nel periodo in cui venivano perseguite con maggior foga le politiche del Washington Consensus la teoria economica ha dimostrato che, ogni qualvolta l?informazione è imperfetta e i mercati sono incompleti, cioè praticamente sempre, la ?mano invisibile? opera in modo inopportuno. Il mercato necessita di una concorrenza e di un?informazione perfetta, e mercati concorrenziali che funzionano bene non si creano dalla sera alla mattina. Dall?ideologia del fondamentalismo di mercato si sono salvati soltanto i Paesi che hanno fatto di testa loro, come la Cina, la Polonia, il Cile. Vita: Cosa potrebbero fare economisti del suo rango per quei Paesi esclusi come ?soci di nessuna importanza del club?? Stiglitz: Il ruolo degli economisti è d?indicare le alternative possibili e d?illustrare nel dettaglio le conseguenze delle diverse scelte. Chiunque abbia studiato almeno un po? d?economia sa che ogni scelta comporta dei trade-off, ossia un insieme non scindibile di conseguenze negative e positive. Si rinuncia a qualcosa in cambio di qualcos?altro. Ma è bene fare chiarezza: le conseguenze non sono un concetto astratto, bensì si tratta di effetti su diversi gruppi di persone, e pertanto ogni decisione farà stare meglio alcuni e peggio altri. Compito dell?economista è capire e spiegare le conseguenze di ogni scelta, mentre il ruolo decisionale dev?essere lasciato al processo democratico. Invece, l?Fmi e la Banca mondiale sembrano ignorare l?esistenza di questi trade-off e pretendono d?imporre a tutto il mondo le loro scelte. Vita: Lei ha citato la Cina. Perché l?economia cinese va a gonfie vele in un Paese che proprio democratico non è? Stiglitz: Possiamo leggere il ?fenomeno Cina? esattamente contrapposto all?insuccesso della Russia. La transizione riformista cinese ha prodotto la più vasta riduzione della povertà della storia: da 358 milioni di poveri nel 90 a 208 milioni nel 97. Le prime riforme, con la politica dei prezzi a ?due velocità?, sono state applicate nell?agricoltura, con il passaggio dal sistema collettivo alla responsabilità individuale. Di fatto è una parziale privatizzazione, perché i produttori non sono liberi d?acquistare o vendere la terra. Daniela Binello


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